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Come calcolare e gestire il Portfolio Risk

FinScience

di Valerio Sabelli

Ognuno di noi è esposto ogni giorno ad una serie di rischi e li vive in modo più o meno conscio. Tuttavia, nel momento in cui si approccia al mondo degli investimenti è cruciale iniziare a capire qual è il proprio profilo di rischio e, in base ad esso, identificare la migliore strategia per il proprio portfolio risk management.

L’obiettivo è scontato ma ben definito: si è disposti a “scommettere” su investimenti ad alto rischio, allo scopo di avere in premio dei ricavi potenziali maggiori, ma solo in alcune casistiche.

Scopriamo quali sono gli scenari comuni e quali sono i parametri secondo cui scegliere tra le varie soluzioni di investimento.

Cos’è il portfolio risk

Il portfolio risk è definito nell’ambito finanziario come la possibilità che i risultati finali di un investimento differiscano da un ricavo atteso (return), arrivando – in alcuni casi – a coprire l’intero investimento.

Il rischio è solitamente stimato considerando i comportamenti storici degli asset finanziari e i loro ricavi o perdite. In particolare, la quantità statistica che è comunemente associata al rischio è la deviazione standard, che fornisce una misura della volatilità dei prezzi rispetto alle medie storiche in un certo intervallo temporale in analisi. Ad alte volatilità corrispondono alti gradi di rischio.

Come gestire il portfolio risk

Aziende, consulenti finanziari o singoli individui possono applicare diverse strategie di risk management.

I primi aspetti da considerare nella nostra portfolio risk analysis sono l’orizzonte temporale e la liquidità dell’investimento. Se un’azienda ha necessità di ri-ottenere molto rapidamente il controllo dei fondi, molto probabilmente non sarà opportuno investire su titoli ad alto rischio o che non possono essere immediatamente liquidati; piuttosto, verterà su asset a basso rischio.

Al contrario, investitori più giovani con ampi orizzonti temporali potrebbero puntare su ricavi più alti, contemplando allo stesso tempo alti rischi.

Un indicatore da considerare nella selezione dei nostri investimenti è il Morningstar Rating: parliamo di una categorizzazione dei fondi basata su politiche di investimento simili tra loro e sulla base di analisi della composizione dei titoli. Tale rating tiene conto anche dei costi delle commissioni e della regolarità nel tempo dei rendimenti (non considera quindi migliori quelli con rendimenti anche più alti, ma altalenanti). Il risultato finale sarà un numero di stelle, da 1 a 5, aggiornato su base mensile.

Altra classificazione necessaria è quella tra le tipologie di rischio. Queste alcune delle principali:

  • business risk: la compagnia su cui investiamo sarà in grado di coprire spese iniziali e operazionali (stipendi, affitti, costi produttivi) grazie alle vendite, generando utili?
  • credit risk: un debitore di un prestito sarà in grado di ripagare gli interessi contrattuali e la quota di prestito mensile? In questa casistica, i bond governativi sono caratterizzati da meno rischio (più bassa probabilità di default), ma anche da bassi rendimenti, contrariamente ai bond emessi da aziende.
  • country risk o political risk: lo stato di cui possediamo dei bond è a rischio a causa della solidità finanziaria di quel paese? C’è il rischio di stravolgimenti o instabilità politica in quel Paese?

Infine, una menzione particolare va alla diversificazione. Avere un portfolio in cui gli investimenti sono distribuiti opportunamente comporterà una minimizzazione della correlazione tra gli investimenti (soprattutto tra i loro ricavi). Di conseguenza, il fallimento di una certa tipologia di investimento avrà impatti sperabilmente più bassi sugli altri asset. La diversificazione può essere effettuata in termini di rischio (asset con rischio più o meno alto) o in termini di settore, industria o regione geografica.
Questa operazione di bilanciamento dei titoli non va ovviamente svolta solo inizialmente, ma va aggiornata periodicamente, anche in funzione delle news e indiscrezioni finanziarie.