Con l’incremento delle informazioni di sostenibilità pubblicate dalle aziende – trend destinato a crescere soprattutto in vista dell’adozione di una nuova direttiva sul corporate reporting – cresce anche il rischio che la comunicazione di sostenibilità possa essere un veicolo per pratiche di social o greenwashing, ossia “strategie di comunicazione o di marketing perseguite da aziende, istituzioni, enti che presentano come ecosostenibili le proprie attività, cercando di occultarne l’impatto ambientale e sociale negativo” (Vocabolario Treccani).
Il rischio, in altre parole, è che la sostenibilità diventi un puro elemento ‘cosmetico’ di marketing che si scontra con una realtà poco integrativa delle considerazioni ESG.
In tale contesto, il ruolo di chi fornisce rating e scoring ESG è senz’altro delicato ma determinante. In quale modo è possibile evitare che le scelte di investimento su score costruiti su dati inaffidabili?
La nascita di un approccio data-driven
Per molti anni, il mercato dei dati ESG è stato dominato da un approccio human-driven, basato sul reperimento di dati tramite l’invio di questionari e il lavoro di team di analisti. Tale impostazione, tuttavia, va incontro a diverse limitazioni:
- limitato aggiornamento del dato nel tempo,
- natura auto-dichiarata delle informazioni (rischio più alto laddove manca un meccanismo di verifica dei dati),
- disponibilità del dato totalmente dipendente dall’azione della company (tramite la compilazione del questionario e/o pubblicazione di un bilancio di sostenibilità) e, quindi osservazione limitata alle realtà aziendali più strutturate.
A fronte di tali limitazioni, nel tempo alcuni provider hanno iniziato ad utilizzare la tecnologia e l’intelligenza artificiale per raccogliere dati da fonti pubbliche (tramite tecnologie di web-scraping, natural language processing e machine learning), non solo automatizzando il reperimento di informazione dai bilanci di sostenibilità, ma integrando il set tradizionale di dati pubblicati dalle aziende con fonti esterne e alternative.
L’importanza dei dati stakeholder-generated
Il monitoraggio del web e, in particolare, dei contenuti più diffusi sull’azienda in merito a tematiche socio-ambientali permette non solo di comprendere la reale percezione e reputazione della stessa, ma anche di scovare attività ed eventi che potrebbero nuocere sul breve o sul lungo termine sulla capacità di creare valore.
Si pensi ad alcuni casi celebri come BP, IKEA e Coca Cola, in cui la voce di organizzazioni e movimenti ambientalisti ha potuto rivelare l’inesattezza o inconsistenza di determinate dichiarazioni di impegno aziendale verso ambiziose strategie green, portando talvolta persino ad azioni legali contro l’azienda inerenti la pubblicazione di false informazioni societarie e pratiche di pubblicità ingannevole.
Solo un aggiornamento continuo delle informazioni, l’ascolto delle ONG e dei siti specializzati in tematiche di sostenibilità, nonchè l’integrazione di tali informazioni nelle valutazioni effettuate da ESG score e rating provider può dunque assicurare che l’immagine trasmessa dalle aziende corrisponda al reale profilo ESG dell’azienda, e quindi di effettuare investimenti in società che prendono realmente in considerazione l’impatto delle proprie attività sugli stakeholder.