di Pamela Panebianco
Nuove prospettive di investimento stanno affiorando in questi ultimi anni nel mercato finanziario. Il dibattito politico e sociale porta a galla temi di interesse pubblico che orientano i risparmiatori verso l’esplorazione di nuovi orizzonti.
La sostenibilità, ad esempio, diventa via via un fattore determinante nelle scelte di investimento dei Millennial: ovvero della generazione Y, che anagraficamente ha tra i 25 e 40 anni e sta diventando protagonista del mondo degli investimenti; questa nuova classe di investitori non punta più, ciecamente, su un fondo o un qualsiasi altro strumento finanziario in base al mero rendimento, anzi, a spostare le scelte ci sono fattori quali il rispetto dei lavoratori, la salvaguardia dell’ambiente e la tutela dei diritti umani che, ora come non mai, sono elementi da tenere in altissima considerazione.
Quando ci si muove a esplorare nuove frontiere nella gestione risparmio, tuttavia, i confini tra strategie e concetti si fanno labili e non c’è una distinzione netta. Questo perché, prendendo ad esempio il mare magnum della sostenibilità, è possibile imbattersi in una moltitudine di termini e idee facilmente sovrapponibili che differiscono solo leggermente gli uni dagli altri.
Queste parole sono utilizzate dagli attori coinvolti e dagli esperti di settore in modo intercambiabile e alla stregua di sinonimi. Nello specifico nel mondo della finanza si sente sempre più l’eco di vocaboli quali: sostenibilità, etica, morale, responsabilità, sociale, green et alii. Al fianco di questi compaiono descrizioni di strategie di investimento e strumenti finanziari quali i Fondi ESG o Investimenti Socialmente Responsabili (i cosiddetti SRI) per i quali si rende opportuno evidenziare le dovute peculiarità. A tal proposito proviamo a chiarire le idee. Qual è la differenza tra ESG e SRI?
Cosa sono i Fondi ESG?
L’acronimo ESG altro non è che la somma di Environmental, Social, Governance. Questi Driver orientano i gestori nella scelta delle imprese da considerare nella costruzione di Fondi che da qui prendono il nome.
La crescente richiesta di tali strumenti finanziari, da parte del mondo degli investitori, sta spingendo sempre più i gestori ad includere nell’analisi finanziaria tradizionale, alla base della costruzione dei fondi di investimento, anche la valutazione di opportunità e rischi legati ai criteri ESG. In altre parole. Nella composizione di questi particolari fondi di investimento si pone l’attenzione su una moltitudine di aspetti riconducibili, in pratica, ai tre macroambiti di cui sopra. Nello specifico:
- Environmental: il primo criterio implica che le imprese sono virtuose per quel che riguarda l’impatto ambientale. Saranno inserite nel fondo quelle aziende più sensibili alla diminuzione di emissioni di CO2, quelle che prestano massima attenzione alla riduzione drastica della contaminazione e dello sperpero delle acque, che propugnano il rimboschimento delle aree verdi, che producono meno rifiuti e così via.
- Social: il secondo criterio prevede che le aziende abbiano una spiccata attenzione alla salvaguardia dei diritti umani, sensibilità per le politiche di genere, che siano imprese che garantiscono elevati standard lavorativi e che, non ultimo, diano un forte impulso alla crescita della comunità civile.
- Governance: ultimo criterio, non meno importante, è relativo a temi della qualità della gestione delle imprese, le politiche di remunerazione dei vertici aziendali, i comportamenti del top management in termini di rispetto delle leggi e della deontologia professionale, l’indipendenza del consiglio di amministrazione e la certificazione del bilancio attraverso società di revisione.
Ciò premesso, l’utilizzo di tali criteri per la composizione di un fondo di investimento è condizione necessaria ma non sufficiente in quanto rimane obiettivo primario dei gestori (e degli investitori in tali strumenti) quello di massimizzare la performance finanziaria.
Cosa sono gli Investimenti Socialmente Responsabili?
Gli Investimenti socialmente responsabili sono anche detti SRI (acronimo di Social Responsible Investments). Tale tipologia prevede, nella scelta delle imprese su cui puntare per far crescere i propri risparmi, l’utilizzo di canoni di inclusione e/o esclusione dal portafoglio, che rispecchino i principi morali dell’investitore. Per orientarsi nella scelta delle imprese si utilizzano tuttavia sempre i medesimi criteri ESG. Ma allora dove è la differenza tra ESG e SRI?
Un investimento socialmente responsabile è pervaso da un concetto di etica ancora maggiore rispetto ai Fondi ESG e, pur mirando sempre alla generazione di performance positive, sottostà a imperativi categorici più stringenti. Semplificando: nella costruzione di tali investimenti si includono o escludono imprese in base a quanto il loro operato si avvicina o si allontana dall’orientamento etico del risparmiatore. In generale si tratta di aspetti afferenti a religione, orientamento politico, sensibilità ambientale.
Facendo un esempio. Un convinto ambientalista che sostiene l’attività di rimboschimento della Foresta amazzonica vedrà esclusa dal proprio portafoglio qualsivoglia investimento in imprese che abbiano a che fare con lo sfruttamento delle risorse boschive del Pianeta.
Per un risparmiatore che sceglie gli SRI realizzare un profitto è fondamentale ma non può prescindere dai propri principi morali, i rendimenti devono essere coerenti con i diktat etici dell’investitore che deve poter vedere l’impatto positivo che le sue scelte hanno avuto sul mondo che lo circonda.
Differenza tra ESG e SRI
Soddisfare il crescente desiderio dei Millennial di investire in modo eticamente accettabile rappresenta una sfida per i consulenti e gli addetti ai lavori in quanto esistono diverse sfaccettature e livelli di implicazioni che la morale può esigere in un investimento finanziario.
I fondi ESG e gli SRI ne rappresentano un esempio calzante. Pur trattandosi, infatti, di due concetti affini, la differenza tra ESG e SRI si sostanzia nel fatto che, mentre nel primo caso si tiene conto del potenziale, ma anche dei rischi, legati a fattori identificati da criteri ambientali, sociali e di governance per ottimizzare l’analisi finanziaria tradizionale (che ha sempre come obiettivo principale la massimizzazione delle performance); nel secondo caso la scelta è orientata, in maniera preponderante, da driver etici che rispecchiano le convinzioni dell’investitore e hanno un notevole impatto sul processo d’investimento assegnando, dunque, un ragguardevole peso non solo all’aspetto economico ma anche a quello sociale.