Warren Buffett è considerato da molti esperti del settore il più grande investitore della storia. Il suo successo negli affari è dovuto, per sua stessa ammissione, al suo approccio analitico, meticoloso e “alternativo”: il metodo Warren Buffett.
Buffet (classe 1930), fondatore, presidente e CEO della holding Berkshire Hathaway (quasi 45 miliardi di dollari di utili nel 2017), non si accontenta di effettuare analisi quantitative su un’azienda o sul settore di appartenenza della stessa, ma vi affianca sempre l’analisi di dati alternativi raccolti sul campo. Questo approccio gli ha consentito di battere (quasi) sempre il mercato, guadagnandosi il titolo di Oracolo di Omaha (sua città natale).
L’approccio è semplice: comprare asset sottovalutati dal mercato, valorizzarli ed infine rivenderli quando sopravvalutati. Facile no? No. La metodologia seguita da Buffet prevede una valutazione quantitativa preliminare dei fondamentali e poi tutta una serie di passaggi nel mondo “fisico” finalizzati alla raccolta di informazioni tramite interviste ai manager, agli azionisti di maggioranza, ai clienti, ai fornitori ed in generale a tutti gli stakeholder che influenzano la vita di un’azienda. Questa fase di raccolta informazioni in passato poteva durare settimane, mesi, ma era l’unico modo per costruire un dataset alternativo:
- Com’è percepito il prodotto dell’azienda X sul mercato dai consumatori?
- La fornitura delle materie prime per realizzare il prodotto di punta dell’azienda X è stabile e garantita nel lungo termine?
- Il management dell’azienda X è competente e crede in quello che fa ed agisce razionalmente?
- L’attività svolta dall’azienda X è semplice e comprensibile? È ben comunicata?
- Nel settore o nel mercato in cui opera l’azienda X si prevedono cambiamenti di regolamentazione?
- I competitor dell’azienda X come sono posizionati?
- E così via…
A questo punto molti staranno pensando che queste informazioni alternative non siano reperibili da chiunque ed in effetti occorre una buona dose di competenza, mista ad apertura mentale e forte determinazione per ottenerle. Per non parlare del tempo da investire! Ma se il gioco vale la candela, questo non è un problema e, come abbiamo visto, Warren Buffet di candele ne ha ormai una scorta considerevole.
Come applicare il metodo oggi?
La vita di un analista finanziario che non sia Warren Buffett però è leggermente più complicata, soprattutto dalla scarsità di fonti di informazione alternativa, che non siano cioè il consueto dataset di indicatori finanziari più o meno rielaborati da inserire nei propri modelli valutativi. Non tutti gli analisti e tanto meno gli investitori privati possono permettersi di partire per un tour di interviste e per molti pensare di avere un momento di intimità con il top management di un’azienda è pura utopia. Quindi che fare? Come raccogliere le informazioni alternative necessarie per poter aumentare la precisione delle valutazioni relative ad un asset finanziario, magari stando comodamente seduti di fronte ad un monitor?
Per rispondere a questa domanda bisogna prima correggere il tiro in merito alla scarsità di fonti alternative di informazione. Nell’epoca della digital economy di informazione alternativa in realtà ce n’è anche troppa, ad essere scarsa è la capacità di estrarne del valore. Si pensi ai milioni di articoli di giornale, di blog post, di social post e di commenti e review di prodotto che vengono scritti quotidianamente e che risultano disponibili pubblicamente: non sarebbe bello poterli sempre tutti leggere, valutare, interpretare e misurarne il grado di diffusione in rete?
Oltre il 90% dei dati disponibili ad oggi è stato prodotto negli ultimi 2 anni. Di questi, solo lo 0,5% è stato oggetto di qualche forma di analisi. Questo anche perché la stragrande maggioranza di questi dati sono non strutturati, ovvero non corrispondono a numeri o classi definite.
È inutile girarci intorno, la digitalizzazione dell’approccio Warren Buffett è possibile solamente se si verifica la compresenza di:
- Competenze digitali, necessarie per comprendere e calcolare il peso specifico delle diverse fonti dati da cui si prendono le informazioni: Twitter è diverso da Stocktwits, che è diverso da Facebook, che è diverso dal Financial Times, che è diverso da Amazon e via dicendo. Tali competenze sono utili anche per la parte di visualizzazione del dato, funzionale ad una piena ed immediata comprensione dei fenomeni;
- Competenze tecniche, fondamentali per avere a che fare con i Big Data in un mondo cloud fatto di soli costi variabili: bisogna essere bravi ad eseguire elaborazioni, anche complesse, ma a costi contenuti;
- Competenze modellistiche, cruciali per la parte di “data science” e pulizia del dato alternativo: riconoscere automaticamente il fatto che in un articolo di giornale si stia parlando di “Apple” come azienda e non come frutto, far girare questo riconoscimento automatico su milioni di contenuti ed infine presentare all’analista solo i contenuti a maggiore diffusione che parlano di Apple (azienda) non è banale senza un solido modello NLP (Natural Language Processing) alle spalle. Stesso discorso può valere per il modello di attribuzione del Sentiment e per tutti gli altri modelli ed algoritmi di estrazione automatica di informazioni alternative, compresi i modelli che poi queste informazioni le devono incrociare con quelle finanziarie per arricchire gli insight;
- Ed infine, ça va sans dire, Competenze finanziarie. Anche il software migliore del mondo avrà sempre bisogno di “ricalibrarsi” ed in attesa di robot advisor che siano realmente tali (ovvero che conoscano realmente l’utente investitore in base al suo comportamento rilevato e non solo in base alle informazioni più o meno attendibili che lo stesso ha deciso di condividere) ha senso che tale ricalibrazione venga fatta sempre con la supervisione di un esperto del dominio.
Dopo essersi ben assicurati di avere a disposizione tutte le competenze necessarie, è possibile procedere con la digitalizzazione del metodo Warren Buffett, così come fatto da noi in FinScience. Questo però non significa sostituire in toto la metodologia, bensì significa ampliarne il dataset, affiancando ai dati finanziari fondamentali anche delle serie di dati alternativi, provenienti dall’ecosistema digitale.
In sintesi
Per sapere se il prodotto dell’azienda X avrà o meno successo posso attendere la trimestrale di cassa o aggregare automaticamente i dati dei principali e-commerce mondiali giorno per giorno. Per sapere se l’azienda X opera nel rispetto della parità di genere posso prevedere interviste a campione ai dipendenti o anche aggregare le notizie a tema “gender equality” intercettate in rete nelle quali è citata l’azienda stessa. Per valutare l’affidabilità del management di un’azienda posso leggerne i CV, andarli a conoscere o parlare con chi li conosce, ma anche raccogliere contenuti in rete nei quali gli stessi manager vengono citati. Tutto partendo da dati pubblici.
Per quanto scritto sinora e soprattutto per la forte convinzione nella bontà del metodo Warren Buffett, mi piace romanticamente pensare che FinScience possa essere adottato un domani anche all’interno della stessa Berkshire Hathaway.